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Storia del Teatro Francesco Paolo Tosti di Ortona

Pro arte et urbe

di Patrizio Marino

Il Teatro Comunale, situato nell'omonima piazza, si affaccia sulla passeggiata Orientale, sospeso sul mare Adriatico, quasi a voler trarre ispirazione dagli estesi orizzonti azzurri.

L'edificio (di proprietà del Comune di Ortona, che lo ha acquistato da privati, ristrutturato e riportato alla piena funzionalità) è tornato ad ospitare ogni tipo di spettacolo nel gennaio del 2006, dopo quasi venti anni di chiusura.

Nel 2008 il Consiglio Comunale di Ortona ne ha cambiato l'intitolazione: da Vittoria (moglie dell'ingegnere Tommaso Pincione, il quale aveva progettato e costruito il teatro nel 1930) a Francesco Paolo Tosti, musicista e compositore ortonese, conosciuto in tutto il mondo, nato a Ortona nel 1846 e morto a Roma nel 1916.

Risale al 1910 la decisione di costruire a Ortona un teatro, «una necessità della vita civile, mezzo di educazione moderno e piacevole... ornamento che ad ogni città progredita, come la nostra, non deve mancare», come si legge sul numero unico del giornale "Il teatro Francesco Paolo Tosti", dell'8 febbraio 1910. Un tempio moderno che potesse sostituire il vecchio teatro comunale, ubicato nel fabbricato dell'ex seminario a Terravecchia, in cui aveva debuttato Francesco Paolo Tosti.

Agli inizi del Novecento, con queste finalità, un gruppo di cittadini costituisce una società anonima, sotto la ragione di "Teatro Francescopaolo Tosti" e stampa una pubblicazione di quattro fogli per far conoscere la nuova iniziativa. Era vivamente sentito da tutta la cittadinanza il bisogno di un «tempio ove possono innalzarsi le libere voci dello spirito e dell'ingegno attraverso le varie manifestazioni dell'arte», come si legge nel numero unico di "Ortona Nuova" del 6 aprile del 1923, in un articolo introduttivo di Eduardo De Francesco. L'idea di un teatro moderno, dedicato a Tosti, viene portata avanti con la stesura del progetto e delle relazioni tecniche da parte dell'ingegner Giovanni Nervegna.

Il 21 ottobre 1922 il Consiglio Comunale concede alla Società anonima cooperativa Francesco Paolo Tosti" un'area nella zona del giardino pubblico per la costruzione del teatro. Questo atto non è sufficiente, nell'immediato, ad avviare la realizzazione dell'opera, «per insufficienza dei rilevanti mezzi che occorrevano ("La Tribuna" del 2 dicembre 1925). Per quanto riguarda il luogo da individuare per la collocazione del teatro, si aprì un dibattito tra chi aveva ventilato l'idea di «trasformare la chiesa di San Francesco in sala da spettacoli pubblici» ("Il Giornale d'Italia" del 1° dicembre 1925) e chi, in seguito, aveva individuato l'area di largo Plebiscito. La scelta definitiva cadde sull'area adiacente al giardino pubblico, fra largo Ripetta e via Garibaldi, ricompresa nell'ex orto della chiesa di Santa Caterina.

Non si dovrà attendere molto perché, il 26 gennaio del 1929, la concessione venga riformulata in favore dell'ingegner Tommaso Pincione, che ottiene gratuitamente l'area dal Comune e si impegna alla costruzione di un teatro a sue spese. Il contratto viene firmato il 28 gennaio 1929 e il 6 aprile dello stesso anno prendono il via i lavori.

Tommaso Pincione, nato alla Spezia da madre ortonese, è un personaggio geniale e avventuroso. Come ufficiale della Regia Marina, girò il mondo e prestò il suo ingegno in Belgio, in Francia, in Inghilterra, in Giappone e in Cina, dove risolse diversi problemi di ingegneria idraulica, come il ripristino della navigabilità del fiume Hai-ho. In questo paese costruì inoltre dighe e porti; la riconoscenza del governo cinese fu tale da fargli meritare molte importanti onorificenze, tra cui quella del Doppio Dragone.

Nel 1927, tornato in Italia, volle creare per la sua Ortona uno spazio per l'arte e la città. Nell'accordo con il Comune era prevista la concessione della sala alla municipalità, in uso temporaneo, per occasioni speciali. L'accordo fu sottoscritto da Romolo Bernabeo, prima Sindaco e poi Podestà di Ortona, che già nel 1926, in occasione dell'ultima seduta del Consiglio Comunale, nell'annunciare l'inizio dell'amministrazione podestarile voluta dal nuovo regime, faceva accenno, nel suo programma amministrativo, alla costruzione di un teatro in città.

Pincione diede l'avvio ai lavori in un'area di 970 mq. e, in meno di un anno, il 22 febbraio 1930, il "Teatro Vittoria" viene completato.

 

Le ditte che parteciparono alla costruzione del teatro furono:

per la costruzione generale la ditta D'Adamo Paolini e C.; per gli infissi e i mobili la ditta Miano e Maresca; per i lavori in ferro la ditta Gentile, d'Achille e figli e De Angelis; per il riscaldamento le installazioni idrauliche e sanitarie la ditta Ing. Frani; per l'elettricità la ditta Ing. Mancini; per i bronzi la ditta Raffaele Marino; per i lavori di graniglia la ditta Di Giacomoantonio; i vetri artistici realizzati dalla ditta A.O. Parisa; le colonne e i marmi della ditta Vincenzo Binelli; per il "sediame" la ditta Mario Gianninone; per gli stucchi la ditta Di Silvestri e la S.A.D.I.; per il sipario e gli addobbi la ditta Mosè Way; per l'impianto cinematografico la ditta Pio Pion; per lo scenario e il palcoscenico la ditta Fratelli Mercurio; per i materiali diversi le ditte Ernesto Valentinetti, Nervegna, Raffaele Giovannini, Margotti; per le pitture la ditta Alfredo Fasciato.

Per festeggiare l'avvenuta "copertura" del teatro, l'ingegner Pincione riunì «le maestranze e tutti gli operai in un fraterno banchetto». Il dolce e lo spumante per questa particolare ricorrenza furono offerti dalla moglie del costruttore, la signora Vittoria Pincione che, con un biglietto di ringraziamenti, «plaudiva agli artefici del Teatro Vittoria che reca il suo nome fatidico e augurale!» ("Il Giornale d'Italia" del 20 dicembre 1929). Il 22 febbraio 1930 la commissione tecnica della Provincia, dopo una verifica sui lavori, autorizza l'apertura del teatro.

L'edificio, dalle caratteristiche monumentali, presenta un'imponente facciata in stile neoclassico. Una struttura centrale costituita da due ordini di colonne binate, divise da una balconata balaustrata. L'ingresso maestoso ha tre porte, fiancheggiate da colonne di marmo levigato di Carrara. Le parti decorative sono ispirate all'ordine toscano per il colonnato d'ingresso e all'ordine corinzio composito per le colonne superiori, con il perfetto impiego di elementi architettonici greci e romani. È da rilevare il perfetto equilibrio tra vuoti e pieni e la ricercatezza del particolare, sia negli infissi che nelle vetrate. Queste ultime, a fuoco, di concezione allegorica, oltre a dare un grande slancio in altezza a tutta la facciata, formano due elegantissime zone di luce e di colore.

I due corpi laterali hanno due terrazze cinte da una balaustra in linea e identica a quella centrale. Hanno lo stesso stile del fabbricato e gli stessi elementi di decorazione e finitura, completano la linea architettonica della fronte della costruzione. La decorazione del coronamento è completata da una statua di bronzo raffigurante Apollo citaredo, posta al centro dell'attico, tra le maschere della tragedia e della commedia. Sullo stesso livello, in corrispondenza dei timpani laterali due enormi aquile in bronzo, ai piedi di portabandiera.

Sono di bronzo anche gli artistici candelabri distribuiti sulle balaustre del loggiato centrale e su quelle delle terrazze laterali. L'opera ben presto divenne un luogo di riferimento e un monumento per la città, come riportano le cronache del tempo. L'edificio consta di tre parti-sistemi: l'edificio centrale con la sala per gli spettatori e gli spazi di disimpegno, le due costruzioni laterali per la biglietteria, gli uffici e il caffè e la parte scenica con il palco, gli spazi per le attrezzature e i camerini.

La prima inaugurazione

Mercoledì 26 febbraio 1930, alle ore 18.00 le autorità cittadine e del territorio prendono posto in platea e sui palchi, insieme a un folto pubblico composto dai cittadini ortonesi, desiderosi di ammirare la nuova costruzione. Alle 18.30 Vittoria Pincione, moglie del costruttore, a cui è dedicato il teatro, tocca il sipario e subito appare il palcoscenico, tra applausi scroscianti. Seguono i discorsi delle diverse autorità intervenute, tra cui il podestà, Romolo Bernabeo, il prefetto di Chieti, Russo, l'onorevole Troilo, il segretario federale, Tommaso Bottari, il console generale della milizia, Giannantonio, il preside della Provincia, Giustino Sbraccia, il vice podestà, Gaetano Rapino, il segretario politico ortonese, Aristide Marinucci, il direttore amministrativo, Guglielmo Pincione, nipote di Tommaso e il direttore del teatro Nino Ascensi. Tommaso Pincione presenta una relazione tecnica, con la quale spiega che per la costruzione del teatro ha impiegato 3 mila quintali di cemento e 1500 quintali di ferro. In un terreno di 29 metri di profondità ha ricavato uno spazio per il vestibolo, la sala e il palcoscenico per un teatro che è in grado di contenere dai 900 ai 1000 posti a sedere. A conclusione del suo discorso, Pincione affida «la vita di questo teatro al pubblico di Ortona a Mare e, se bene patrocinato, è nostra intenzione di sempre più migliorarlo ed abbellirlo». La cerimonia si conclude con il coro popolare, diretto dal Maestro Rocco Teli, che esegue alcune canzoni della prima Maggiolata.

II 27 febbraio 1930 la stagione lirica è aperta dalla prima del Rigoletto, con l'orchestra diretta dal Maestro Maurizio Quintieri, con il baritono Giuseppe Bartolini, i tenori Ivo Zonari e Giulio Brocchi, i soprani Gemma Landi e Margherita Chiesa, i bassi Achille Vittori e G. Bosck e il contralto Lucia Varko. Il 4 marzo 1930 si tiene al teatro una serata d'onore in memoria di Francesco Paolo Tosti, con la Lucia di Lammermoor e, negli intervalli dei tre atti l'esecuzione di alcune delle più belle romanze di Tosti.

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